La macinazione a pietra

La Macinazione a Pietra
I molini a pietra
I molini a pietra non sono tutti uguali, a partire dal tipo di pietra che si utilizza, e che di conseguenza anche le farine che se ne ottengono, a parità di cereale molìto, hanno caratteristiche diverse tra loro.
Per la precisione, esistono due tipi di molini a pietra, quelli antichi e quelli moderni. Entrambi si basano su due dischi di pietra orizzontali messi uno sull’altro, uno fisso e l’altro rotante. La parte centrale dei dischi di pietra rompe i chicchi di grano grossolanamente, la parte periferica produce la farina.
I dischi hanno dei canali incisi a raggio verso l’esterno, che servono per far fuoriuscire le farine, e delle incisioni meno profonde, appena accennate, tra un canale e l’altro, che vengono chiamate righe, che sono un po’ come le lame di tanti coltelli, che servono a ridurre i chicchi in farina. Le righe sono molto importanti, perché se si consumano troppo la farina viene schiacciata e quindi bruciata invece che “tagliata”.
La differenza decisiva tra molini a pietra antica e moderna consiste nel tipo di pietra utilizzata: in quelli moderni la macina è fatta con un agglomerato di smeriglio, selce e magnesite. Il maggior produttore italiano dei molini a “pietra moderna” è una ditta che si chiama Partisani. Sul sito la ditta afferma che questo tipo di pietra agglomerata è più duro e più duraturo della pietra vera e propria. Le macine sono chiuse in una struttura di metallo. Questa pietra agglomerata, oltre a non necessitare di rabbigliatura (tra poco vi dico cos’è), è garantita per macinare circa 700/1000 tonnellate di cereali o legumi; raggiunto questo quantitativo bisogna riportarla alla fabbrica per ripristinare i canali (operazione che può essere fatta al massimo 4 o 5 volte).

I molini antichi invece sono fatti con la Sèlce molare; una roccia, cito dalla Treccani, “a struttura vacuolare o cavernosa, costituita da quarzo o calcedonio”. Di solito questa pietra proviene dal nord della Francia, e precisamente da un paese che si chiama La Fertè-sous-Jouarre.
La pietra antica, a differenza di quella moderna, ha bisogno di molta cura; per esempio va “rabbigliata”, cioè bisogna periodicamente (di norma è un’operazione che va fatta un paio di volte all’anno, anche a seconda di quanto grano si molisce) ricreare i canali scolpiti nella pietra, e le righe, che molto lentamente si consumano. Il modo in cui vengono scolpite le righe dà una vera e propria impronta alla farina; ogni mugnaio imprime la sua impronta alla propria farina; non c’è un modo migliore o peggiore per farlo, solo diverso e peculiare.

C’è pietra e pietra
La macinazione a pietra del grano: un po’ di storia
L’uomo ha cominciato a schiacciare e frantumare i cereali sin dalle epoche più remote. L’idea di lavorare un prodotto della terra e di sottoporlo ad una “prima trasformazione” che lo rendesse meglio utilizzabile e digeribile, è stato uno dei punti chiave dell’evoluzione della specie umana, al pari della scoperta del fuoco o dell’invenzione della ruota.
L’affinamento dell’arte di lavorare il frumento durò millenni: inizialmente gli antichi agricoltori schiacciavano i grani per mezzo di mortai, poi cominciarono a stritolarli tra due pietre, fino a riuscire, intorno all’anno 1000 a.C. in Grecia, a dare alle macine una forma più razionale. Nei resti di Pompei è stata ritrovata una macina a pietra, dalla forma ben diversa rispetto alle attuali, azionata dalla forza umana, o animale.
Nella lenta ma incessante evoluzione di questa tecnologia, definita “bassa”, o “piatta” macinazione, i salti fondamentali sono stati compiuti con l’adozione della forza idraulica, del vento e, infine, della propulsione a vapore. Alla fine del XVIII secolo, punto di massima evoluzione di questa tecnologia, le macine a pietra venivano azionate “in batteria” mediante turbine idrauliche o macchine a vapore. Grazie alla nuova e copiosa disponibilità di forza motrice, anche le macchine accessorie vennero “motorizzate” e fecero la loro comparsa le prime coclee, i primi elevatori e i buratti.
Fu proprio il perfezionamento del buratto, uno dei primi macchinari nella storia dei molini, che mise in luce il più grande limite della macinazione a pietra, ossia il fatto di trattare tutte le frazioni del chicco allo stesso modo, indipendentemente dalla diversa resistenza che oppongono alla macinazione. Per questo motivo, pochi anni dopo, all’inizio del XIX secolo, iniziarono a prendere piede i primi laminatoi a cilindri e si iniziò ad adottare un nuovo metodo produttivo, che un tempo era definito “alta” (o “graduale”) macinazione.
Una differenza rispetto al molino a cilindri
A differenza del molino a cilindri dove, per semplificare, prima si rompe il chicco e poi si rimacina l’endosperma su più passaggi, nel molino a pietra si esercita sostanzialmente una forte azione di pressione e sfregamento in un’unica soluzione. Il mugnaio potrà regolare la finezza del prodotto della macinazione avvicinando o allontanando la superficie delle due mole. Se le mole fossero troppo vicine, si scalderebbe troppo il prodotto e si otterrebbe una eccessiva frantumazione delle parti cruscali; al contrario, se le due mole fossero troppo distanziate, molta farina rimarrebbe attaccata alle crusche.
Lo sfarinato ottenuto dalla macinazione a pietra, infatti, contiene il 100% del chicco di grano e, quasi sempre, supera il limite massimo di ceneri, pari all’ 1,70%, che consente di classificare un prodotto come farina tipo “integrale”.
Per quanto sopra esposto, quindi, anche nel caso della macina a pietra, dopo la macinazione è necessario un passaggio di selezione, che di solito avviene in un buratto. A seguito di questo ulteriore passaggio, si potranno ottenere farine integrali e farine tipo “2”. Con qualche difficoltà in più, e adottando una velatura più fine sul buratto (o “plansichter”), si potranno ottenere anche farine tipo “1”.
Che tipi di farine si ottengono con la macinazione a pietra?
Mediante la macinazione a pietra possiamo ottenere delle ottime farine scure, come la farina tipo “2” e la farina tipo “1”. Queste farine differiscono dalle analoghe farine macinate con il molino a cilindri per i valori di umidità che, nel caso della macinazione a pietra, sono sempre inferiori. Infatti, la macina a pietra è in grado di macinare soltanto cereali con un tenore di umidità inferiore rispetto a quello sopportato da un molino a cilindri e, inoltre, è piuttosto impattante sul prodotto dal punto di vista del surriscaldamento.
Per questa ragione, uno dei metodi più rapidi per capire se una farina è veramente macinata a pietra consiste nel controllarne l’umidità, che solitamente risulta più bassa di almeno due punti percentuali rispetto alla farina ottenuta dalla macinazione a cilindri.
A nostro avviso, il prodotto più caratterizzante che si può ottenere con la macinazione a pietra è la farina integrale. Questa avrà una granulometria più fine e spigolosa, a differenza della farina analoga ottenuta con il molino a cilindri, e sarà quindi particolarmente indicata per la preparazione di prodotti rustici e ricchi di fibre.
Lentezza della lavorazione: il segreto delle qualità nutritive
La farina macinata a pietra ha delle caratteristiche diverse rispetto alle farine moderne.
Durante questo tipo di macinazione, che avviene per schiacciamento, gli strati profondi del chicco non vengono scartati, ma si aprono ed impregnano la farina con l’olio di germe di grano: le parti più preziose del chicco si conservano ed alimentano quel sapore pieno e autentico del pane di una volta, ottenendo farine più scure tendente al beige, mai bianche come le 0 o 00. Gusto e profumo sono più intensi, più vicini al sapore del grano raccolto, alla tradizione, alla terra. Un aroma che si sente, si assapora e mostra il suo carattere.
Setacciare la farina come da tradizione: l’abburattamento
Una volta macinata, la farina è sottoposta a un processo detto abburattamento, ossia viene setacciata gradualmente attraverso l’utilizzo di setacci a maglie differenti, detti appunto buratto. In base alle nostre esigenze andremo a cambiare l’ordine dei setacci dal quale potremo ottenere delle tipo 1, tipo 2 e integrali…quelle vere!
Tutto il buono del chicco
Il chicco di grano è composto da un 14% di crusca, ricca di vitamine, minerali e acido fitico, una parte interna (85%) ricca di carboidrati, dalle proteine dell’aleurone e dal germe di grano, un cuore ricco di vitamine e grassi (pari al 1-2% del chicco).
NUTRIENTE: perché maciniamo con un mulino con macine in pietra, come una volta, perché così manteniamo inalterati tutti gli elementi presenti nel chicco: il germe del grano, le vitamine, il magnesio, il potassio, gli olii essenziali e altri sali minerali; sono la fonte di energia nella nostra alimentazione.
Nessun Commento